L’Engelberta (Zeno e Pariati), Milano, Ghisolfi, 1708

 ATTO SECONDO
 
 Cortile interno di palazzo suburbano.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERNESTO
 
 ERNESTO
375Cor mio, ti vuo’ più forte. Anche ne’ falli
 giova l’esser costante e ben si copre
 una colpa con l’altra.
 Tanta frode!... Non più, quando è salvezza
 è innocente l’inganno
380contro Engelberta... Sì, l’amai; ma ingrata
 or odiarla convien. Del mio periglio,
 della sua crudeltà questo è consiglio.
 
    Spenta ormai d’amor la face,
 sol mi piace
385l’odio e l’ira e già tutto ne avvampo.
 
    Già mi affretta
 un gran torto a voler la vendetta,
 un gran rischio a cercarne lo scampo.
 
 SCENA II
 
 ENGELBERTA, OTTONE ed ERNESTO
 
 ENGELBERTA
 Vanne al diletto sposo;
390dirai che a’ passi miei diè l’ali amore.
 OTTONE
 Servo al cenno real.
 ERNESTO
                                      (Propizi ho gli astri).
 Augusta eccelsa, umile...
 ENGELBERTA
 Da me che chiede Ernesto?
 ERNESTO
 Ah! Tua bontà sia fausta a’ voti miei.
 ENGELBERTA
395Parla, ma tosto, e pensa
 ch’Engelberta son io, ch’Ernesto sei.
 ERNESTO
 Se amor...
 ENGELBERTA
                      Mal cominciasti. Io mi credea
 che, se non la mia gloria, il braccio almeno
 di un cesare vicin frenar dovesse
400le brame contumaci.
 ERNESTO
                                        Ed egli appunto
 le frena e le spaventa.
 ENGELBERTA
 Chi teme ancora è reo.
 ERNESTO
 Più reo non son, da che pentito io sono.
 ENGELBERTA
 Pentimento in Ernesto?
 ERNESTO
                                              A’ casti numi,
405del tuo letto custodi, e a te lo giuro.
 ENGELBERTA
 Sai quanto osasti? E chi offendesti e quale?
 ERNESTO
 Il so. Detesta l’alma
 e l’offesa e l’ardir; questo è ’l mio affanno
 e quella il mio timor.
 ENGELBERTA
                                         Vuo’ che tu tema
410più del gastigo il fallo. Esser dee tale,
 in chi ben si ravvede, il pentimento.
 ERNESTO
 (Se ingannata mi crede, io son contento).
 ENGELBERTA
 Che rispondi?
 ERNESTO
                             Mi cruccia
 più la bontà del mio signor che l’ira;
415ch’egli in me trovi un reo, un ingrato, ah questo,
 questo è ’l mio duol.
 ENGELBERTA
                                        (M’intenerisce). Ernesto,
 qui mi scordo il tuo error. Per me non fia
 tuo giudice il mio sposo. Usa di questa
 generosa pietà, s’ella ti è cara;
420e da la mia virtù virtude impara.
 
    Al mio sposo io tacerò
 un amor che l’ha oltraggiato.
 
    Ei non abbia il gran dolore
 di trovarti così ingrato;
425e si tolga a te l’orrore
 di morir sì scelerato.
 
 ERNESTO
 (Deludasi l’incauta). Ah! Col mio errore
 pera l’iniquo foglio
 che ne fu lo strumento. Agli occhi miei,
430perch’io più mi confonda, egli si renda.
 ENGELBERTA
 No. Resti a me, non testimon del fallo
 ma pegno del rimorso e de l’emenda;
 quello e questa giurasti.
 ERNESTO
 (Giunge il sovran, l’arte or mi giovi). Al cielo (Alzando più al solito la voce)
435ne rinovo la fé. Mai non fia vero
 ch’arda d’impura fiama il cor di Ernesto.
 
 SCENA III
 
 LODOVICO, ENGELBERTA ed ERNESTO
 
 LODOVICO
 Che sento!
 ENGELBERTA
                       Il voto è giusto.
 ERNESTO
 Un suddito dover così rispetta
 di Engelberta nel sen l’onor d’augusto.
 LODOVICO
440(Certa è la sua perfidia).
 ENGELBERTA
 Sposo, signor, pur mi ti rende amore. (Veduto Lodovico)
 Pur d’un lungo languir... Ma qual mi accogli?
 LODOVICO
 (L’infedel! Ma si finga). Addio, Engelberta.
 ENGELBERTA
 Addio Engelberta? Ov’è di sposa il nome,
445ove le tenerezze?
 Ove il piacer di rivedermi?
 LODOVICO
                                                    (Ingrata!) (Verso Ernesto)
 ENGELBERTA
 L’onor de’ primi sguardi
 abbia Ernesto; ei n’è degno. Io non mi offendo.
 LODOVICO
 (Lode che più l’accusa).
 ENGELBERTA
450Ma ch’io turbato in lor miri il tuo core,
 se non è mio sospetto, è mio dolore.
 ERNESTO
 (Frena l’ira, o signor). (Piano a Lodovico)
 LODOVICO
                                            Parti, mio fido.
 ERNESTO
 (Palpita l’alma mia). (Parte)
 ENGELBERTA
 (Ti sento, o gelosia. Tornò ma infido).
 
 SCENA IV
 
 LODOVICO ed ENGELBERTA
 
 LODOVICO
455(Cauto ascondo lo sdegno).
 ENGELBERTA
 Sposo, siam soli. In libertà poss’io
 d’una ria lontananza a te, mio bene,
 vantar le acerbe pene?
 LODOVICO
 Han le pene amorose in cor di donna
460così lungo soggiorno?
 ENGELBERTA
 Sì, s’ella è moglie e moglie augusta.
 LODOVICO
                                                                  Il soglio
 non fa un’alma fedel.
 ENGELBERTA
                                         La fa il dovere.
 LODOVICO
 Sensi di gran virtù. (Con ironia)
 ENGELBERTA
                                       Son di Engelberta,
 di Engelberta che pianse,
465te lontan, le sue gioie.
 LODOVICO
 So, me lontan, quanto penasti amante.
 ENGELBERTA
 Miei furo i tuoi disaggi,
 le fatiche, i perigli ed or son miei
 tutti i trionfi tuoi.
 LODOVICO
                                    Fida consorte!
 ENGELBERTA
470Fede ugual fosse in te; ma quel sembiante
 di incostanza ti accusa.
 LODOVICO
 (Scaltro pensier). Quai furo
 gli uffici tuoi, finch’io pugnai fra l’armi?
 ENGELBERTA
 (Qual favellar!) Doppo il mio amor, le cure
475pubbliche dell’impero e ’l fido Ernesto...
 LODOVICO
 Ernesto?
 ENGELBERTA
                    Ei del tuo scettro
 degno sostenne ognor le veci. Ernesto....
 LODOVICO
 Taci; su le tue labbra
 è reità il suo nome.
 ENGELBERTA
480(Seppe il suo ardir).
 LODOVICO
                                        L’indegna fiamma e ’l vile
 disio mi è noto e già la pena è pronta.
 ENGELBERTA
 (Il seppe). Un cieco error talvolta al grado
 del reo si dona.
 LODOVICO
                               Anzi si accresce al reo
 con il grado la colpa.
 ENGELBERTA
485Colpa, che fu segreta, è assai men grave.
 LODOVICO
 È pubblico l’error, se offende un soglio.
 ENGELBERTA
 Ma chi l’accusa?
 LODOVICO
                                 Il testimon di un foglio.
 ENGELBERTA
 (Tutto è palese). Al cieco ardir si oppose
 una salda costanza.
 LODOVICO
490Fasto d’altrui virtude.
 ENGELBERTA
 Pentimento sincero assolve i falli.
 LODOVICO
 Il non poter fallir non è un pentirsi.
 ENGELBERTA
 Spera pietade un cor che a te fu caro.
 LODOVICO
 Perché caro mi fu, più reo lo trovo.
 ENGELBERTA
495Alfine ei non peccò.
 LODOVICO
                                       Peccar volea.
 ENGELBERTA
 E un desio punirai?
 LODOVICO
                                       Ne’ grandi eccessi
 è dovuta la pena anche a l’idea.
 ENGELBERTA
 (Cieco Ernesto!)
 LODOVICO
                                 (Empia donna!)
 ENGELBERTA
                                                                 Ah! Lodovico,
 vinca la tua pietà.
 LODOVICO
                                   Senti, Engelberta,
500(simuliamo la colpa,
 per maturar la pena) i voti miei
 pubblicare il destin di chi mi offese
 incerti ancor non sanno.
 Per ora io non l’assolvo e nol condanno.
 ENGELBERTA
505Ma intanto a l’amor mio,
 a la mia fé nulla rispondi?
 LODOVICO
                                                  (Indegna,
 si confessa infedele e vanta fede?)
 ENGELBERTA
 Taci ancora? Ah! Tu riedi
 con altre fiamme in seno.
 LODOVICO
                                                 (Odi l’iniqua,
510mi tradisce, lo afferma e pur mi accusa).
 ENGELBERTA
 Va’. Sdegnoso ti fingi e sotto l’ira
 l’incostanza nascondi, anima ingrata.
 Già m’è noto il tuo core.
 LODOVICO
                                              (O scelerata!)
 ENGELBERTA
 
    Io sospiro e non mi ascolti;
515io ti miro e non mi guardi;
 ma t’intendo ancor tacendo;
 un infedel tu sei, tu più non m’ami.
 
    Più per me, crudel, non ardi.
 I miei nodi hai già disciolti.
520Altra fiamma hai nel seno, altri legami.
 
 SCENA V
 
 LODOVICO e poi BONOSO
 
 LODOVICO
 Va’ del tuo fallo altera, iniqua donna,
 ma impunita  non già de la tua pena.
 Sia preludio fatal che dal mio labbro
 tolto ti sia di sposa il nome. Al duce
525si ascondan l’onte mie.
 BONOSO
                                            Signor, perdona
 se un tenero dolor chiama in soccorso
 la tua pietà.
 LODOVICO
                         Che sì ti afflige?
 BONOSO
                                                         Arrigo
 da’ cenni di Engelberta
 già ottenne di Metilde
530e la destra e la fé.
 LODOVICO
                                   Ne ottenne il core?
 BONOSO
 Nol so.
 LODOVICO
                Non si disperi.
 BONOSO
 Per farmi sventurato, altro non manca
 che il tuo assenso. Ah! Se tanto
 ha di merto il mio acciar quanto ha di speme,
535dal labbro imperial non esca il voto
 od esca in mio favor.
 LODOVICO
                                         Regge Engelberta
 il suo destin. Pur rasserena il ciglio;
 ed in tuo pro quanto mi lice attendi.
 BONOSO
 Se ho da te un sì gran ben, vita mi rendi.
 LODOVICO
 
540   Non ti vuo’, no, senza speme,
 sin che hai merto di sperar,
 sin che hai brama di goder.
 
    Ben sovente amor che teme
 si fa autor del suo penar
545e tradisce il suo piacer.
 
 SCENA VI
 
 BONOSO, poi METILDE ed ARRIGO
 
 BONOSO
 Qual vi lusinga, o sensi,
 vana promessa? Al grado,
 onde Arrigo si vanta,
 ceder conviene. Andiamo.
550Sia felice il rival ma non rammenti
 ne’ fasti suoi la mia presenza. Andiamo.
 Senza veder Metilde? O dio, non posso.
 A lei portar, prender da lei degg’io
 l’ultimo mio sospir, l’ultimo addio.
 METILDE
555Bonoso. (È fermato da Metilde)
 BONOSO
                   (Ahi vista! Ahi pena!)
 ARRIGO
                                                             Ecco l’audace.
 BONOSO
 (Moro di duol). Mia principessa, io parto.
 METILDE
 Or che giunge Metilde?
 ARRIGO
 Parta egli pur.
 METILDE
                             Forse il mio volto, parla,
 di Bonoso alle luci oggi è molesto?
 ARRIGO
560Il duce è mio rival. (A Metilde)
 METILDE
                                      Che importa questo? (Ad Arrigo)
 BONOSO
 Metilde, un de’ tuoi sguardi è la mia sorte.
 METILDE
 Siegui; e che paventi?
 ARRIGO
 (E ’l soffro?)
 BONOSO
                          Bella, addio.
 METILDE
                                                   No, qui trattienti. (Di nuovo lo ferma)
 Ov’è quel cor che fido
565tante fiate giurasti?
 BONOSO
                                       In questo seno;
 e perderti non sa senza morire.
 ARRIGO
 Questo è troppo favor, quel troppo ardire. (A Metilde e poi a Bonoso)
 Bonoso, usa discreto
 del mio soffrir. Sugli occhi miei si tenta
570una beltà ch’è mia?
 METILDE
                                       Vanto mendace.
 ARRIGO
 Il voler di Engelberta
 ogni tua speme atterra.
 BONOSO
                                             Arrigo...
 METILDE
                                                               Eh taci. (A Bonoso)
 Ascolta, io son la rea. (Ad Arrigo)
 La sua speme, il suo amor mia colpa fassi
575né l’avresti rival, s’io non l’amassi.
 BONOSO
 Per me parlò Metilde; a lei rispondi.
 ARRIGO
 Sì orgoglioso ad un re?
 BONOSO
                                            Questo è ’l sol nome
 di cui lice vantarti
 sovra di me.
 ARRIGO
                          Taci, superbo, e parti.
 METILDE
580Cessin le gare e l’ira; e la presenza
 di vergine real meglio rispetta.
 ARRIGO
 Ceda l’audaci brame.
 BONOSO
 Le condanni Metilde e qui le cedo.
 ARRIGO
 Offrile un regno e l’ama.
 BONOSO
585Non fa la sorte il merto. In minor grado
 pure aspiro al suo amor.
 ARRIGO
                                               Non ne sei degno.
 BONOSO
 Io degno non ne son? Bella, perdona;
 e ad un cimento in campo
 qui t’invitto con l’armi e là ti aspetto.
 ARRIGO
590Vieni re qual io sono e allor t’accetto.
 
    Non è degno d’amar quel sembiante
 chi regnante nel soglio non l’ama.
 
    Vago seno che gli ostri non cinge,
 biondo crin cui corona non stringe
595men vezzoso e men bello si chiama.
 
 SCENA VII
 
 BONOSO e METILDE
 
 BONOSO
 Meco, o bella Metilde,
 men pietosa ti bramo
 e men... Dirlo potrò? Sì, meno amante.
 METILDE
 Qual tiranno pensier? Dir puoi d’amarmi?
600E volermi infedel? Bramarmi ingrata?
 BONOSO
 Mio rossor, mio tormento è la tua fede,
 perché ti ruba al soglio.
 METILDE
 A Bonoso mi serba.
 BONOSO
                                      A te conviene,
 più che amante fedele,
605esser grande e regnar.
 METILDE
                                           Potrei tradirti?
 BONOSO
 Io te ne assolvo.
 METILDE
                                Oh dio!
 Chi tal parla non m’ama.
 BONOSO
                                                Ah! Credi, o cara,
 che non senza dolor questa ti lascio
 spietata libertà de’ tuoi affetti.
610Sì, cessa pur d’amarmi e se fia d’uopo
 odiami ancor. Perdono
 agli odi tuoi, se vai con essi al trono.
 METILDE
 Fido m’ami il tuo cor, questo è ’l mio regno.
 BONOSO
 Taci; la mia virtù tanto non chiede.
 METILDE
615Che dirà il tuo rivale?
 BONOSO
 Egli di me trionfa,
 perché più fortunato.
 Io trionfo di lui, perché più forte.
 METILDE
 A chi mi lasci?
 BONOSO
                              Al tuo real destino.
 METILDE
620Né più curi il mio affetto?
 BONOSO
 Più ’l tuo ben che il tuo amor cercar degg’io.
 METILDE
 Almen...
 BONOSO
                   Non più, cara Metilde, addio.
 
    Luci belle, io vuo’ lasciarvi,
 per aver maggior costanza
625di pregarvi a non mi amar.
 
    Che s’io resto a vagheggiarvi
 s’innamora la speranza
 e ritorna a sospirar.
 
 SCENA VIII
 
 METILDE
 
 METILDE
 Chi vidde amor più fido e generoso?
630Parte da me il mio bene e mi dimanda,
 perché felice io regni,
 in premio di sua fede un tradimento.
 Ma non fia vero; ovunque ei volga il passo,
 seguirallo il mio cor, saremo entrambi
635duoi prodiggi, io di fede, ei di valore,
 duoi esempi, ei di zelo ed io di amore.
 
    Amar voglio più di un soglio
 la beltà che m’innamora.
 
    Mio dovere e mio piacere
640sia in mercede
 render fede a chi mi adora.
 
 SCENA IX
 
 ENGELBERTA, OTTONE
 
 ENGELBERTA
 Qui, Otton, qui l’infedel di un solo sguardo
 non degnò consolarmi.
 OTTONE
 L’egro, ch’ama il suo mal, pietà non merta.
 ENGELBERTA
645Sposa non mi chiamò. Que’ dolci accenti
 onde solea bearmi
 non uscir dal suo labbro e in lui trovai
 Lodovico bensì ma non l’amante.
 OTTONE
 Ad un’alma incostante
650mirar quel che tradì, già caro oggetto,
 fa rimorso e dispetto.
 ENGELBERTA
 Chi mai detto mi avria, cesare ingrato,
 ch’io dovessi penar con più di senso
 ne lo stesso piacer del rivederti?
 OTTONE
655Se ricusi il rimedio, a che dolerti?
 ENGELBERTA
 Da che m’odia il crudel, qual più mi resta
 speranza di conforto!
 OTTONE
 Ch’egli torni ad amarti e vegga il torto.
 ENGELBERTA
 Come il voto compir?
 OTTONE
                                          Sta in tuo potere.
 ENGELBERTA
660E non m’inganni, Otton? Puote una stilla
 spegner nel mio signor gl’impuri affetti?
 OTTONE
 E renderlo fedele a’ tuoi desiri.
 ENGELBERTA
 Aimè!
 OTTONE
               Di che sospiri?
 ENGELBERTA
 Duolmi che deggia l’arte
665rendermi un ben che io meritai con fede.
 OTTONE
 Sempre il merto non ha la sua mercede.
 ENGELBERTA
 Dove serbi il liquor?
 OTTONE
                                        Lo avrai fra poco
 ne le tue stanze.
 ENGELBERTA
                                Oh! L’uso a me ne giovi.
 OTTONE
 E gioverà. Pentito ed amoroso
670vedrai solo a’ tuoi lumi arder lo sposo.
 
    Verrà a dirti: «Mio tesoro,
 per te vivo, per te moro»
 l’oggetto del tuo amor, la tua speranza.
 
    Abbracciando il caro bene
675darai bando a le tue pene
 e ’l trionfo godrai di tua costanza.
 
 SCENA X
 
 ENGELBERTA
 
 ENGELBERTA
 Amor, se questa è colpa,
 tu, che la inspiri a me, tu la difendi.
 È pena troppo ria
680ad un’alma fedel la gelosia.
 
    Alor che geme e piange
 la bella tortorella,
 nel suo dolor si vede
 il suo tradito amor.
 
685   E quando cerca e chiama
 chi fugge e più non l’ama,
 insegna la sua fede
 al caro traditor.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 
 

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